Ci sono momenti della vita in cui una famiglia è costretta ad affrontare la diagnosi di una malattia cronica, rara o inguaribile di uno dei suoi membri. Questa malattia viene definita “malattia familiare” in quanto impatta non solo sulla salute fisica e mentale del membro che ha ricevuto la diagnosi ma sull’intero sistema familiare che lo circonda. La letteratura, inoltre, sottolinea che la qualità delle relazioni familiari influenza alcuni aspetti della malattia: migliori relazioni familiari favoriscono una maggiore aderenza ai trattamenti da parte del paziente e un miglior andamento della malattia stessa (Holmes & Deb, 2003; Schulz & Martire, 2004). È importante, perciò, prendersi cura non solo del membro che ha ricevuto la diagnosi, ma di tutti i componenti della famiglia e delle loro relazioni.
Reazioni alla diagnosi. Le reazioni alla diagnosi di malattia nel paziente e nei suoi familiari possono variare in base a diversi fattori. C’è chi reagisce con rabbia e collera, chi con un atteggiamento di incredulità e negazione, chi sposta le sue energie e la sua attenzione su altro cercando di distrarsi, chi reagisce con distacco e chi con un coinvolgimento eccessivo. Non ci sono reazioni più giuste o sbagliate; quello che è importante è dare ad ognuno il proprio tempo ed il proprio spazio per elaborare ciò che è accaduto e favorire in seguito la condivisione del dolore e delle emozioni emerse.
Caregiver: colui che si prende cura del malato. Il caregiver ha un ruolo molto importante e faticoso, ovvero quello di gestire le richieste del paziente e al tempo stesso supportarlo. Il desiderio di proteggere il familiare non comunicando la reale diagnosi può inizialmente essere rispettoso dei suoi tempi di elaborazione ma, successivamente, impedisce la messa in atto di strategie per affrontare la situazione. Capita, inoltre, che il caregiver nasconda le proprie preoccupazioni di fronte al familiare malato, caricandosi di un forte peso emotivo e, allo stesso tempo, inibendo anche nel malato il bisogno di esprimere il proprio disagio. In queste circostanze è consigliato adottare un atteggiamento spontaneo ed empatico con il malato poiché esprimere le diverse emozioni e comprendere le reciproche reazioni favorisce la coesione familiare e la convivenza con la malattia.
Figli piccoli. Quando un genitore riceve una diagnosi di malattia cronica, rara o inguaribile spesso ci si domanda come comportarsi con i propri figli. È bene ricordare che i bambini, soprattutto i più piccoli, hanno un pensiero magico che consente loro di capire e interpretare il mondo laddove ancora non riescono a darsi risposte. Può accadere, perciò, che il bambino, non ricevendo risposte alle sue domande (“Come mai papà sta male?”), possa darsi risposte sbagliate (“Forse sono stato io, è colpa mia che l’ho fatto arrabbiare”). È importante perciò comunicare con loro, rispondere alle loro domande con i tempi e i modi adeguati alla loro età, contenerli e rassicurarli.
Figli adolescenti. Quando è un figlio adolescente a vivere la diagnosi di malattia di uno dei due genitori le reazioni possono essere differenti: può provare confusione, vergogna, paura ed imbarazzo difronte ai propri amici, può sentirsi solo e inadeguato, può iniziare a sviluppare paure eccessive per la propria salute. Con i figli adolescenti è importante continuare a comunicare, chiedere loro come stanno vivendo la situazione e cosa sentono di poter o voler fare per aiutare o stare vicino al proprio genitore.
Figli giovani adulti. Quando un giovane adulto si trova ad affrontare la diagnosi di malattia del proprio genitore può fronteggiare la situazione dedicandosi totalmente all’assistenza del proprio caro ma, allo stesso tempo, sperimentare un grande tumulto emotivo. Il bisogno e la necessità di prendersi cura del genitore malato, togliendo tempo alle altre sfere personali (famiglia, lavoro), potrebbero portare ad un senso di perdita rispetto alle opportunità della vita e, a volte, ad un conflitto di lealtà (ad esempio tra il tempo da dedicare ai propri figli e il tempo da dedicare al proprio genitore malato). Anche in questo caso è importante che il figlio adulto e il genitore malato si prendano del tempo per condividere le emozioni e i vissuti connessi alla situazione di malattia ma anche quelli connessi alle altre sfere della vita personale (lavoro, famiglia, vita sentimentale).
Quanto appena descritto mostra la complessità dei vissuti e delle reazioni generate nel paziente e nel suo sistema familiare a seguito di una diagnosi di malattia cronica, rara o inguaribile. Lo psicologo, in questi casi, può offrire lo spazio e il tempo per lavorare sul vissuto di malattia, sulle risorse e sulle motivazioni soggettive, sullo stress e le emozioni correlate, sulla comunicazione e sulle relazioni tra paziente, famiglia e l’intero sistema di cura. Il percorso psicologico, in questo modo, può:
- favorire la condivisione dei vissuti emotivi fra tutti i membri della famiglia (più grandi e più piccoli),
- facilitare la comunicazione rispetto a tematiche spesso evitate perché delicate e paurose (scelte terapeutiche, fine vita),
- supportare il paziente ed i parenti nella ricerca delle risorse personali e familiari,
- sostenere la famiglia nella costruzione di un nuovo equilibrio familiare funzionale alla nuova situazione che la famiglia sta affrontando.
Holmes, A. M., & Deb, P. (2003). The effect of chronic illness on the psychological health of family members. Journal of Mental Health
Policy and Economics, 6(1), 13-22.
Dott.ssa Lucia Lofù, Psicologa
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